Commedia di Giuseppe Giacosa, rappresentata nel 1909. Il
banchiere Giovanni Rosani, rovinatosi senza sua colpa, paga integralmente i suoi
creditori, sacrificando ogni sua personale fortuna e si reca con la famiglia in
Svizzera, per cominciare modestamente una nuova vita. Ma il cambiamento di
posizione sgretola a poco a poco la famiglia. Tommy, incapace di lavorare, si
dà al gioco e finisce con lo sposare una ricca avventuriera; Giulia,
frivola e vuota, con velleità artistiche, travolta in un certo
disordinato mondo di pittori, si stacca spiritualmente dal marito e dalla
famiglia. Nennele, abituata agli agi e al lusso di una vita dispendiosa, non
riesce ad interessarsi alla corte del cugino Massimo, che è un onesto e
rude lavoratore. Ma Nennele, più vicina al padre, di cui intuisce il
sacrificio e lo sforzo di rigenerazione, sposerà Massimo, affrontando con
lui e col padre un nuovo destino di lotte, di rinunzie e di lavoro. La commedia,
in cui sono più suggestivi i silenzi che le parole, interpretò con
crepuscolare mestizia lo sfaldamento e le crisi di una certa società del
tempo.